24 Ore per il Signore (17 e 18 Marzo 2023)

Segnaliamo l’iniziativa della nostra diocesi: 24 Ore per il Signore, presso la Chiesa di Santa Marta.

Messa di apertura Venerdì 17 Marzo ore 18.

Seguiranno 24h continuative con Adorazione Eucaristica, disponibilità di sacerdoti per le confessioni e momenti di preghiera animata.

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Lectio Divina di lunedì 16 dicembre 2019

Dal vangelo secondo Matteo (1, 18-24)

18Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. 19Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. 20Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; 21ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».

22Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: 23«Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele», che significa “Dio con noi”.

24Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.

Il brano che è stato letto ci porta nel mistero centrale della nostra fede: il mistero dell’Incarnazione.

Così racconta Matteo: c’è una ragazza dì Nazaret, Maria, promessa sposa a Giuseppe. Questa era l’usanza nelle nozze ebraiche: venivano stipulate con il fidanzamento, ma talvolta passava un certo tempo tra l’impegno matrimoniale e la convivenza dei due sposi, specie se erano in età adolescenziale come nel caso di Maria.

Qui, accade un fatto inaudito: Maria si trova incinta senza aver conosciuto uomo, e Giuseppe ignora cosa possa essere accaduto.

Nel nostro testo. Giuseppe è presentato come un “giusto”, un credente, venuto a sapere della situazione di Maria pensa di sciogliere il vincolo nuziale, senza dire nulla pubblicamente per rispetto di Maria che Giuseppe conosce molto bene, e la stima.

Ecco dunque l’angelo (un angelo del Signore) che si fa presente a Giuseppe in sogno, è un tipico mezzo che troviamo sovente nell’Antico Testamento per rivelare la volontà e l’azione di Dio: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei, viene dallo Spirito santo”.

È importante questo per Giuseppe, quello che Maria porta in grembo è azione di Dio. Giuseppe non è un puro spettatore della scena: sarà lui ad introdurre nella legge mosaica, e quindi a dargli un nome e ad inserirlo nel casato davidico.

Giuseppe dunque è invitato a diventare padre, e sentirsi padre di un figlio che non viene da una sua decisione, ma soltanto da Dio: sarà padre di Gesù secondo la legge e tale sarà chiamato dai suoi conoscenti che non conoscono la profondità del mistero.

Nel nostro brano veniamo a conoscere che a Giuseppe non è data una “rivelazione” sul Figlio, ma una “vocazione”: come al profeta Osea fu chiesto di sposare una prostituta, a Geremia di restare celibe, a Ezechiele di restare vedovo, a Giuseppe è chiesto di accogliere come figlio Gesù, un figlio che in verità non è suo figlio, ma Figlio di Dio.

Così Giuseppe dà alla sua sposa non solo una casa, ma anche un casato, quello di Davide, permettendole di entrare nella discendenza messianica.

È veramente commovente l’atteggiamento di Giuseppe: al suo risveglio dal sonno senza fare alcuna obiezione, senza pronunciare una parola, il testo ci informa: “fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa, la quale, senza che egli la conoscesse, diede alla luce un figlio che egli chiamò Gesù”.

Se prima abbiamo conosciuto Giuseppe come “giusto,” ora lo conosciamo come credente e obbediente alla Parola del Signore.

Nei Vangeli non ci è stata tramandata alcuna parola di Giuseppe, ma di lui sono attestati l’obbedienza e il silenzio, silenzio di adorazione di custodia e di contemplazione del mistero.

In sintesi si può dire che Giuseppe, nel silenzio, contempla il mistero di Dio che è entrato nella nostra storia facendosi carne, Dio è entrato nella storia facendosi uomo.

Lectio Divina di lunedì 9 dicembre 2019

Dal vangelo secondo Matteo (11, 2-11)

In quel tempo, 2Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò 3a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». 4Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: 5i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. 6E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».

7Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? 8Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! 9Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. 10Egli è colui del quale sta scritto:

Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero,
davanti a te egli preparerà la tua via.

11In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui.

Il brano ci presenta la grande figura di Giovanni Battista. Notiamo il coraggio del Precursore di affidare a Gesù la propria fede nell’ora del buio, del dubbio e della prova.

Giovanni si trova in carcere dove è stato rinchiuso da Erode, un potente di questo mondo che non sopporta le critiche rivoltegli dal profeta circa il legame illecito con Erodiade, moglie di suo fratello.

Giovanni, l’uomo della Parola autorevole, è ridotto ormai al silenzio e si avvia verso la morte violenta.

In questa situazione di fede attraversata dal dubbio, Giovanni manda i suoi discepoli a rivolgere a Gesù una domanda drammatica con la quale mette in discussione tutta la sua vita:

sei tu colui che deve venire, o dobbiamo aspettare un altro “?

Gesù manda a dire a Giovanni “riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo”. Gesù dunque espone a Giovanni Battista il suo programma, e lo trae da citazioni profetiche, come dire: ecco le antiche profezie sono giunte a compimento.

La novità che troviamo nel testo, è che Gesù aggiunge: “ai poveri è annunciato il Vangelo”, cosa che non troviamo nelle antiche profezie.

Tutto questo, cioè il rimando ai “poveri”, è la narrazione definitiva dell’amore di Dio per gli uomini. Non è un miracolo, e tuttavia è forse il segno più specifico e decisivo, tanto è vero che è stato scelto come inizio del “discorso della montagna“.

Ad ogni modo, è il segno che imprime una direzione ben definita a tutti gli altri, ponendoli a servizio di una concezione messianica sulla quale non tutti sono d’accordo.

Ecco perché Gesù aggiunge: “E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo”, e il Battista dal carcere risponde con un amen silenzioso ma pieno di amore per Gesù.

Giovanni Battista non si aspettava un Messia così… ma lascia il suo criterio di attesa per affidarsi a Gesù.

Mentre Giovanni Battista esce di scena, Gesù presenta alle folle l’identità del Battista, e qui abbiamo la seconda parte del brano, non una canna sbattuta dal vento delle mode, né un potente che sta nei palazzi del potere…egli è un profeta, anzi più che un profeta, è il nuovo Elia, cioè il profeta per antonomasia che annuncia la salvezza portata dal Signore Gesù.

Ecco la chiave per comprendere le parole conclusive di Gesù: “fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni Battista, ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui”. Risiede qui tutto il suo significato e la sua grandezza.

Giovanni è grande, e tuttavia il piccolo nel regno di Dio è più grande di lui. Affermazione non facile, ma almeno una cosa è chiara: l’appartenenza al regno di Dio supera ogni altra grandezza.

Lectio Divina di lunedì 2 dicembre 2019

Dal vangelo secondo Luca (1, 26-38)

26In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, 27a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. 28Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».

29A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. 30L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. 31Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre 33e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».

34Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». 35Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. 36Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: 37nulla è impossibile a Dio». 38Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

È un testo che può essere letto in diversi modi.

Si può considerare Maria come punto di arrivo della storia, Maria come principio della Chiesa, oppure Maria come modello dei credenti.

Vediamo invece Maria dal punto di vista di Dio.

È molto bello quello che stiamo leggendo.

Dante dice: questa donna è “termine fisso di eterno consiglio”. Cioè, da sempre Dio, prima di creare il mondo, pensava a questa donna: “Termine fisso di eterno consiglio”.

Il motivo dell’espressione di Dante è molto semplice e straordinario insieme, perché in questa donna si compie tutto il disegno di Dio sul mondo, prima ancora di creare il mondo, Dio pensava a questa donna.

E Maria, tramite il suo “sì” entra in comunione con Dio, e Dio gioisce per il “sì” di Maria.

Grande, lo possiamo immaginare, è la gioia di Dio perché da sempre, essendo amore, cerca qualcuno che lo ami, finalmente questa donna gli dice “si”.

Per questo Maria è il modello dell’umanità nuova.

Nel nostro brano ci sono due coordinate precise: il tempo e il luogo. Il testo liturgico inizia così: “In quel tempo l’angelo Gabriele fu mandato”… il testo biblico invece ha questo riferimento di tempo: “Al sesto mese, l’angelo Gabriele”. Il sesto mese si riferisce al nascituro Giovanni Battista, è importante questo particolare, non da poco. Dio sempre agisce in un determinato tempo, ora, oggi. La salvezza di Dio non è mai qualcosa di generico e di indeterminato. Dio mi ha dato la vita, ci ha dato la vita e la salvezza in questo tempo.

La seconda coordinata e il luogo, per Maria, è Nazaret, Nazaret è il luogo della vita quotidiana, l’angelo Gabriele non è apparso nel tempio di Gerusalemme, ma a Nazaret, è lì, in questo luogo sconosciuto che Dio si fa carne, che la Parola si fa carne.

Dio interviene con l’angelo Gabriele (potenza di Dio). Dio agisce sempre mediante la Parola (Dabar). Dio con la sua Parola si propone totalmente a noi, per essere da noi accolto.

Cosa dice Gabriele? “gioisci” (rallegrati) ”piena di grazia” (graziata) ”il Signore è con te”.

Cosa vuole Dio da noi? Vuole una sola cosa: “Gioisci”, questo è il comando di Dio, Qual’è la volontà di Dio? Che tu sia contento!

Ti ha creato per questo. Tu sei la sua gioia. Che meraviglia! Noi siamo la gioia di Dio, quel Dio che ci ha pensati dall’eternità.

Quindi il primo comando è: “rallegrati”, “gioisci “.

La seconda parola è “piena di grazia”. Invece di dire il nome di Maria, l’angelo le dice il suo vero nome, perché il vero nome di Maria è la grazia, è l’amore, è la gioia che Dio ha per lei.

Quello è il suo vero nome.

Cosa mi rivela tutta la Bibbia? Il mio nome, e il mio nome è l’amore che Dio ha per me, questa è la mia identità. È bello che il nome del Signore “sia con me” quindi il nome del Signore è un complemento di compagnia: chi è il Signore? È “con me”; con chi? “Con te”.

Con te”, credo che sia il più bel nome di Dio: “Emmanuele”, il Dio con noi.

Dio è colui che è “con me”, non a caso, le ultime parole di Gesù sulla croce, quelle che dirà al malfattore, saranno: “oggi, sarai con me in paradiso”.

Ripresa lectio divina per tutto il tempo quaresimale a partire dal 4 marzo 2019.

Come ad ogni avvento e quaresima, anche quest’anno riprende la Lectio Divina, con breve Adorazione Eucaristica, ogni lunedì sera alle ore 21 nella cappellina feriale.

Di seguito la lettura ed il commento del primo incontro:

Lectio Divina di lunedì 4 marzo 2019

Dal vangelo secondo Luca (4, 1-13)

1 Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, 2per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. 3Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane».

 4Gesù gli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo».

5Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra 6e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. 7Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo».

 8Gesù gli rispose: «Sta scritto: Il Signore, Dio tuo, adoreraia lui solo renderai culto».

9Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gettati giù di qui; 10sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano; 11e anche: Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra».

12Gesù gli rispose: «È stato detto: Non metterai alla prova il Signore Dio tuo». 13Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato.

A differenza di Matteo e Marco che mettono le tentazioni di Gesù dopo il battesimo sul fiume Giordano, Luca le inserisce dopo la genealogia ascendente di Gesù cioè da Giuseppe ad Adamo, come dire che ogni uomo, come Gesù sarà tentato lungo tutta la vita.

Inoltre, estende le tentazioni a tutti i 40 giorni del deserto, questo è visto come l’anticipo, lo scontro finale avverrà a Gerusalemme durante la passione: “il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato” cioè al momento della passione.

Teniamo presente che leggiamo questo brano in tempo di Quaresima, tempo severo ma “favorevole” (2Cor 6,2); per il cristiano la Quaresima è soprattutto tempo di lotta contro le tentazioni. Per questo ogni anno la Chiesa ci offre il racconto delle tentazioni di Gesù che in realtà devono essere state molte. Luca le riassume come si è visto in tre: tentazione del mangiare, del possedere, del dominare.

Prima tentazione espone l’uomo del nostro tempo ad assolutizzare talmente il “pane” materiale, da trascurare e persino dimenticare i valori spirituali fondamentali che gli donano la vera vita al di là della morte. È ciò che Gesù risponde al tentatore: “non di solo pane vivrà l’uomo”. Insomma, si tratta di accettare la precarietà della nostra esistenza come condizione umana di base per accogliere l’“Altro”, di cui impariamo sempre di più ad avere fame.

La seconda tentazione è quella di prostrarsi agli idoli, ai surrogati di Dio: potere, successo, dominio, “volontà di potenza”. L’indicazione di Gesù a chi lo vuole seguire, è l’abbandono totale e filiale a Dio per fare la sua volontà.

La terza tentazione è poi quella più profonda, e che a pensarci bene, sembra che non ci riguardi. Gesù vede sotto di sé l’abisso, che poi è anche il nulla, il vuoto. Questa è veramente la tentazione delle tentazioni, già esperimentata da Israele nel deserto, di fronte alle difficoltà, e alle contraddizioni e all’apparente smentita delle promesse di Dio, Israele si domandava: “Il Signore è in mezzo a noi si, o no?” (Es. 17,7). Ciò avviene anche per noi quando il senso del fallimento dell’intera nostra vita ci coglie, ci sorprende e ci confonde, fino a farci dire: “ma c’è Dio?” Oppure: “ci ha abbandonato!”

Questa è la tentazione che vuole contraddire la fede, la fiducia posta in Dio. È la tentazione dove non si bestemmia Dio ma semplicemente lo si nega, si nega la sua esistenza, e lo si estromette dalla nostra vita.

Gesù ha subito queste tentazioni in quanto uomo, come ognuno di noi, ma da queste situazioni ha imparato ad aderire alla realtà: “Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza dalle cose che patì” (Eb.5,8)

Questo superamento della tentazione non sarà l’ultima per Gesù, il diavolo tornerà a tentarlo alla fine della sua vita, sulla croce, ma Lui sarà sempre vincitore, “uguale a noi in tutto fuorché nel peccato” (Eb 2,17) per questo trionferà sulla morte e, quale risorto, vivrà per sempre.