Lectio Divina di lunedì 26 febbraio 2018

Dal vangelo secondo Giovanni (2, 13-25)

13Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. 14Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. 15Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori dal tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, 16e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». 17I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: “Lo zelo per la tua casa mi divorerà”.

18Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». 19Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». 20Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». 21Ma egli parlava del tempio del suo corpo.22

Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.23Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. 24Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti 25e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.

Si avvicinava la Pasqua dei Giudei”. È la prima Pasqua delle tre vissute da Gesù nel suo ministero pubblico, ora la parola “dei Giudei” non sta ad indicare gli ebrei nel loro insieme, ma si rifà ai “capi del popolo”, coloro che hanno potere sul popolo, soprattutto i sacerdoti del tempio. Giovanni non ce l’ha coi Giudei, ma con i Capi che non approvano la gente che si sente abbastanza libera da credere al Messia.

È chiamata “dei Giudei”, invece nella Bibbia la Pasqua è sempre “del Signore”.

Gesù salì a Gerusalemme”, come domenica scorsa abbiamo notato che Gesù “salì sul monte”, là Dio si è manifestato in un uomo, ossia l’uomo è stato trasformato, nel nostro racconto, il tempio espressione della presenza di Dio, è diventato un mercato.

C’è di più: il tempio, il culto, la religiosità garantisce il potere e il dominio dei sommi sacerdoti. Se Dio si fa servo di tutti e dona la vita perché è umile, allora l’uomo realizzato, sarà un uomo che sa servire, sa amare, sa perdonare, pertanto il tempio sarà un’altra cosa, non sarà proprietà privata delle famiglie dei sommi sacerdoti.

Dal tipo di tempio, si capisce il tipo di uomo che sei. Pertanto, il Vangelo ci ricorda che prima ci deve essere una purificazione del tempio, cioè prima occorre purificare l’immagine di Dio depravata che abbiamo, che corrisponde all’immagine depravata di uomo. Nella televisione abbiamo la stupidità quotidiana che viviamo, invece, proprio quello che sembra essere la cosa più inutile, come il rito, il culto, in realtà è la più espressiva perché immagine ed è quello che poi si vive, Gesù, non a caso comincia con la frusta nel tempio per disinfestare la nostra immagine di Dio e dell’uomo. Il tempio diventa un mercato, ma oggi ci sono templi laici che sono più rigorosi di quelli religiosi, pensiamo solo alla economia di mercato.

La possibilità per vivere non è l’economia del possesso, il possesso distrugge, divide gli uomini tra loro, e distrugge le cose. Si vive di dono, di condivisione, di solidarietà, è chiaro che secondo l’opinione corrente è una economia in perdita, però c’è da tenere presente che il vero valore sommo è l’uomo.

Non è Dio a castigare ma è lo stesso mondo, la stessa storia che esige questo giudizio di Dio. Abbiamo distrutto la casa di Dio, cioè il mondo dei valori, abbiamo distrutto l’uomo, abbiamo distrutto anche il Figlio dell’uomo il Cristo, portandolo sulla croce.

Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”. Qui è rappresentata la sua morte e Gesù denuncia la violenza che subirà.

E tu in tre giorni lo farai risorgere?” I Giudei non hanno capito che c’è un altro tempio dove sta Dio. Dio non sta nel mercato, non sta nel potere, Dio sta nel corpo, nel corpo di Cristo, nel corpo dei poveri: quello è il nuovo tempio, il vero valore. E qui ci sta il preannuncio della vittoria di Dio nella risurrezione.

Dobbiamo prestare attenzione perché abbiamo preso per tempio come valore assoluto il contrario di Dio e purtroppo lo adoriamo, viviamo del dio di questo mondo che ci distrugge. Cosa vorrà dire Gesù? Perché io uso un altro metro, propongo altri valori che non sono la comunione con Dio e un vivere da fratelli con tutti? Questo è il mondo nuovo che Gesù ci propone.

In sintesi: Quale Dio adoro? Tutto dipende da questo. Quale immagine abbiamo di Dio e dell’uomo che vuole essere come Dio, che tipo di rapporto abbiamo con questo Dio? Dio fa ciò ha fatto Gesù entrando nel tempio con la frusta: ci purifica perché porterà su di sé, sulla croce il male dell’uomo per renderci nuovi, verso Dio e verso l’uomo.

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Continua il corso biblico di Don Doglio

La Pasqua secondo Giovanni.

Corso Biblico di Don Doglio ogni giovedì di Quaresima ore 21 nel salone parrocchiale con accesso da via Fogliensi.

Dopo il corso del 15 febbraio “Chi cercate” e quello del 22 febbraio “Sangue ed acqua dal costato del Trafitto”, vi riportiamo il titolo dei prossimi 3 incontri:

  • 8 Marzo: “Vide e credette”
  • 15 Marzo: “Non essere incredulo, ma diventa credente”
  • 22 Marzo: “La terza manifestazione del Signore”

Lectio Divina di lunedì 19 febbraio 2018

Dal vangelo secondo Marco (9, 2-10)

2Dopo sei giorni, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro 3e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. 4E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù.5Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». 6Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati.7Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». 8E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.

9Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. 10Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti. 

Il nostro brano inizia così: “Dopo sei giorni Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni…”

Il brano che ascolteremo domenica invece, tralascia quell’annotazione di tempo, e si perde molto. “Dopo sei giorni” ci richiama la creazione, il che vuol dire che il fine stesso della creazione è la trasfigurazione dell’uomo. Noi non siamo fatti per essere sfigurati dalla malattia e dalla vecchiaia, in altre parole non si nasce per poi morire punto e basta.

La nostra vita è un riflettere sempre più profondamente la gloria del Signore, il fine della nostra esistenza è la pienezza di vita del Signore, è il settimo giorno. Dopo i sei giorni c’è il settimo giorno e non solo per noi, ma tutta la creazione è chiamata a vivere di questa vita piena dei figli di Dio.

Il Signore ci ha fatti al sesto giorno in vista del settimo, quando passo dal sesto al settimo giorno? Quando capisco l’infinito amore che Dio ha per me. Il settimo giorno viene quando rispondo e vivo l’amore pieno di Dio per me. Questo è già la Trasfigurazione: seme della gloria futura, che è già ora qui.

Prese con sé Pietro Giacomo e Giovanni” sono i discepoli a lui più vicini sono presenti alla risurrezione della figlia di Giairo (Mc 5,37) e testimoni dell’agonia di Gesù nell’orto degli ulivi (Mc 14, 33).

E “li condusse su un alto monte …. e fu trasfigurato davanti a loro”

Ecco il grande mistero: Matteo scrive che “il suo volto brillò come il sole” (Mt 17,2), Luca che l’aspetto del suo volto “divenne altro” (cambiò d’aspetto) (Lc 9,29).

Marco invece è molto discreto, ci dice solo che Gesù “fu trasfigurato davanti a loro” e “le sue vesti divennero spendenti, bianchissime, tanto che nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle più bianche”.

Ciò che è avvenuto è indicibile, chi riesce a descriverlo? Il bianco è la luce, è il colore del mondo celeste, del cielo aperto, e niente sulla terra gli si avvicina. Anche gli angeli della Risurrezione (Mc 16,5 e Gv 20,12) e quelli dell’ascensione al cielo sono vestiti di bianco. C’è una luminosità straordinaria! Gesù appare dunque trasfigurato e dal suo corpo emana luce, come emanava il volto di Mosè (Es. 34,29). Accanto a Gesù “apparve Elia con Mosè e conversavano con Gesù”; la Profezia e la Legge delle quali Gesù è interprete e compimento.

Di fronte a questa visione, Pietro parla in modo inappropriato, balbetta, non sa cosa dire; vorrebbe fermare quell’evento, renderlo definitivo, così tutto sarebbe compiuto senza la passione e la croce… ma questo non è possibile, ed infatti una nube luminosa copre tutti i presenti e una voce proveniente dalla nube proclama: “Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo” (Mc 1,11). Se al Battesimo al Giordano la voce del Padre era risuonata solo per Gesù, qui la rivelazione è anche per i tre discepoli. E l’invito è quello decisivo per ogni discepolo di Gesù, per ogni tempo, occorre ascoltare Lui, il Figlio, che è “il Signore”, ascoltare Lui, non le proprie paure, non i propri desideri, non le proprie immagini e proiezioni su Dio… occorre ormai vedere e ascoltare Gesù.

E subito dopo la descrizione della Trasfigurazione non c’è più nessuna luce, nessuna voce, nessuna presenza: solo Gesù con i tre discepoli, Gesù ora appare come uno di loro, come lo era stato prima: un uomo, un compagno che scende dal monte per compiere il suo cammino verso Gerusalemme, verso la morte che attende ogni uomo giusto, ogni figlio di Dio.

Messaggio del Santo Padre Francesco per la Quaresima

«Per il dilagare dell’iniquità, si raffredderà l’amore di molti»

(Mt 24,12)

 

Cari fratelli e sorelle,

ancora una volta ci viene incontro la Pasqua del Signore! Per prepararci ad essa la Provvidenza di Dio ci offre ogni anno la Quaresima, «segno sacramentale della nostra conversione», che annuncia e realizza la possibilità di tornare al Signore con tutto il cuore e con tutta la vita.

Anche quest’anno, con il presente messaggio, desidero aiutare tutta la Chiesa a vivere con gioia e verità in questo tempo di grazia; e lo faccio lasciandomi ispirare da un’espressione di Gesù nel Vangelo di Matteo: «Per il dilagare dell’iniquità l’amore di molti si raffredderà» (24,12).

Questa frase si trova nel discorso che riguarda la fine dei tempi e che è ambientato a Gerusalemme, sul Monte degli Ulivi, proprio dove avrà inizio la passione del Signore. Rispondendo a una domanda dei discepoli, Gesù annuncia una grande tribolazione e descrive la situazione in cui potrebbe trovarsi la comunità dei credenti: di fronte ad eventi dolorosi, alcuni falsi profeti inganneranno molti, tanto da minacciare di spegnere nei cuori la carità che è il centro di tutto il Vangelo.

I falsi profeti

Ascoltiamo questo brano e chiediamoci: quali forme assumono i falsi profeti? Essi sono come “incantatori di serpenti”, ossia approfittano delle emozioni umane per rendere schiave le persone e portarle dove vogliono loro. Quanti figli di Dio sono suggestionati dalle lusinghe del piacere di pochi istanti, che viene scambiato per felicità! Quanti uomini e donne vivono come incantati dall’illusione del denaro, che li rende in realtà schiavi del profitto o di interessi meschini! Quanti vivono pensando di bastare a sé stessi e cadono preda della solitudine!

Altri falsi profeti sono quei “ciarlatani” che offrono soluzioni semplici e immediate alle sofferenze, rimedi che si rivelano però completamente inefficaci: a quanti giovani è offerto il falso rimedio della droga, di relazioni “usa e getta”, di guadagni facili ma disonesti! Quanti ancora sono irretiti in una vita completamente virtuale, in cui i rapporti sembrano più semplici e veloci per rivelarsi poi drammaticamente privi di senso! Questi truffatori, che offrono cose senza valore, tolgono invece ciò che è più prezioso come la dignità, la libertà e la capacità di amare. È l’inganno della vanità, che ci porta a fare la figura dei pavoni… per cadere poi nel ridicolo; e dal ridicolo non si torna indietro. Non fa meraviglia: da sempre il demonio, che è «menzognero e padre della menzogna» (Gv 8,44), presenta il male come bene e il falso come vero, per confondere il cuore dell’uomo. Ognuno di noi, perciò, è chiamato a discernere nel suo cuore ed esaminare se è minacciato dalle menzogne di questi falsi profeti. Occorre imparare a non fermarsi a livello immediato, superficiale, ma riconoscere ciò che lascia dentro di noi un’impronta buona e più duratura, perché viene da Dio e vale veramente per il nostro bene.

Un cuore freddo

Dante Alighieri, nella sua descrizione dell’inferno, immagina il diavolo seduto su un trono di ghiaccio; egli abita nel gelo dell’amore soffocato. Chiediamoci allora: come si raffredda in noi la carità? Quali sono i segnali che ci indicano che in noi l’amore rischia di spegnersi?

Ciò che spegne la carità è anzitutto l’avidità per il denaro, «radice di tutti i mali» (1 Tm 6,10); ad essa segue il rifiuto di Dio e dunque di trovare consolazione in Lui, preferendo la nostra desolazione al conforto della sua Parola e dei Sacramenti. Tutto ciò si tramuta in violenza che si volge contro coloro che sono ritenuti una minaccia alle nostre “certezze”: il bambino non ancora nato, l’anziano malato, l’ospite di passaggio, lo straniero, ma anche il prossimo che non corrisponde alle nostre attese.

Anche il creato è testimone silenzioso di questo raffreddamento della carità: la terra è avvelenata da rifiuti gettati per incuria e interesse; i mari, anch’essi inquinati, devono purtroppo ricoprire i resti di tanti naufraghi delle migrazioni forzate; i cieli – che nel disegno di Dio cantano la sua gloria – sono solcati da macchine che fanno piovere strumenti di morte.

L’amore si raffredda anche nelle nostre comunità: nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium ho cercato di descrivere i segni più evidenti di questa mancanza di amore. Essi sono: l’accidia egoista, il pessimismo sterile, la tentazione di isolarsi e di impegnarsi in continue guerre fratricide, la mentalità mondana che induce ad occuparsi solo di ciò che è apparente, riducendo in tal modo l’ardore missionario.

Cosa fare?

Se vediamo nel nostro intimo e attorno a noi i segnali appena descritti, ecco che la Chiesa, nostra madre e maestra, assieme alla medicina, a volte amara, della verità, ci offre in questo tempo di Quaresima il dolce rimedio della preghiera, dell’elemosina e del digiuno.

Dedicando più tempo alla preghiera, permettiamo al nostro cuore di scoprire le menzogne segrete con le quali inganniamo noi stessi, per cercare finalmente la consolazione in Dio. Egli è nostro Padre e vuole per noi la vita.

L’esercizio dell’elemosina ci libera dall’avidità e ci aiuta a scoprire che l’altro è mio fratello: ciò che ho non è mai solo mio. Come vorrei che l’elemosina si tramutasse per tutti in un vero e proprio stile di vita! Come vorrei che, in quanto cristiani, seguissimo l’esempio degli Apostoli e vedessimo nella possibilità di condividere con gli altri i nostri beni una testimonianza concreta della comunione che viviamo nella Chiesa. A questo proposito faccio mia l’esortazione di san Paolo, quando invitava i Corinti alla colletta per la comunità di Gerusalemme: «Si tratta di cosa vantaggiosa per voi» (2 Cor 8,10). Questo vale in modo speciale nella Quaresima, durante la quale molti organismi raccolgono collette a favore di Chiese e popolazioni in difficoltà. Ma come vorrei che anche nei nostri rapporti quotidiani, davanti a ogni fratello che ci chiede un aiuto, noi pensassimo che lì c’è un appello della divina Provvidenza: ogni elemosina è un’occasione per prendere parte alla Provvidenza di Dio verso i suoi figli; e se Egli oggi si serve di me per aiutare un fratello, come domani non provvederà anche alle mie necessità, Lui che non si lascia vincere in generosità?

Il digiuno, infine, toglie forza alla nostra violenza, ci disarma, e costituisce un’importante occasione di crescita. Da una parte, ci permette di sperimentare ciò che provano quanti mancano anche dello stretto necessario e conoscono i morsi quotidiani dalla fame; dall’altra, esprime la condizione del nostro spirito, affamato di bontà e assetato della vita di Dio. Il digiuno ci sveglia, ci fa più attenti a Dio e al prossimo, ridesta la volontà di obbedire a Dio che, solo, sazia la nostra fame.

Vorrei che la mia voce giungesse al di là dei confini della Chiesa Cattolica, per raggiungere tutti voi, uomini e donne di buona volontà, aperti all’ascolto di Dio. Se come noi siete afflitti dal dilagare dell’iniquità nel mondo, se vi preoccupa il gelo che paralizza i cuori e le azioni, se vedete venire meno il senso di comune umanità, unitevi a noi per invocare insieme Dio, per digiunare insieme e insieme a noi donare quanto potete per aiutare i fratelli!

Il fuoco della Pasqua

Invito soprattutto i membri della Chiesa a intraprendere con zelo il cammino della Quaresima, sorretti dall’elemosina, dal digiuno e dalla preghiera. Se a volte la carità sembra spegnersi in tanti cuori, essa non lo è nel cuore di Dio! Egli ci dona sempre nuove occasioni affinché possiamo ricominciare ad amare.

Una occasione propizia sarà anche quest’anno l’iniziativa “24 ore per il Signore”, che invita a celebrare il Sacramento della Riconciliazione in un contesto di adorazione eucaristica. Nel 2018 essa si svolgerà venerdì 9 e sabato 10 marzo, ispirandosi alle parole del Salmo 130,4: «Presso di te è il perdono». In ogni diocesi, almeno una chiesa rimarrà aperta per 24 ore consecutive, offrendo la possibilità della preghiera di adorazione e della Confessione sacramentale.

Nella notte di Pasqua rivivremo il suggestivo rito dell’accensione del cero pasquale: attinta dal “fuoco nuovo”, la luce a poco a poco scaccerà il buio e rischiarerà l’assemblea liturgica. «La luce del Cristo che risorge glorioso disperda le tenebre del cuore e dello spirito», affinché tutti possiamo rivivere l’esperienza dei discepoli di Emmaus: ascoltare la parola del Signore e nutrirci del Pane eucaristico consentirà al nostro cuore di tornare ad ardere di fede, speranza e carità.

Vi benedico di cuore e prego per voi. Non dimenticatevi di pregare per me.

Testo lectio Divina lunedì 12-02-18

Dal vangelo secondo Marco (1, 12-15)

12E subito lo Spirito lo sospinse nel deserto 13e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano.

14Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, 15e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».

Il brano che stasera mediteremo si caratterizza per essere estremamente sintetico.

Il contesto immediatamente precedente e quello che segue sono costituiti da due momenti decisivi della storia di Gesù in mezzo agli uomini: la sua rivelazione nel Battesimo al fiume Giordano come “Figlio di Dio” e l’inizio della sua attività dell’annuncio del Regno.

Dopo il momento dell’ascolto della Parola del Padre e prima dell’annuncio della “buona notizia” agli uomini, è necessario il tempo del silenzio e del deserto, il tempo della lotta che vede insieme l’uomo e Dio.

Lo Spirito di Dio conduce con forza Gesù nel deserto (ek-ballei) in greco che significa: “gettare, lasciare” è quasi una azione violenta. Altra nota: il deserto inteso come luogo della tentazione in cui l’uomo è solo con sé stesso. Vincendo la tentazione Gesù ristabilisce la pacificazione di tutto il creato: le fiere non lo attaccano e gli angeli sono i suoi compagni e lo servono, si apre così il tempo messianico Cfr. Is. 11.6-8 e Os. 2.18.

Questo comporta una presa di coscienza da parte dell’uomo che è invitato ad adoperare un cambiamento radicale per accogliere “il tempo di grazia, l’oggi della salvezza” (Kairos) ed è in questo “oggi” che Dio sta facendo qualcosa di grande in noi.

Analizziamo ora il testo: Gesù è stato battezzato nel fiume Giordano da Giovanni Battista e nell’uscire dall’acqua ha visto i cieli aprirsi, e lo Spirito di Dio scendere su di lui e una voce che proclama: “Tu sei Figlio mio, l’amato in te mi sono compiaciuto”.

Appena questo è avvenuto, “subito” lo Spirito disceso su di lui lo spinge, lo conduce con forza nel deserto, dove i cieli non sono aperti, bensì chiusi; lo “spinge” nel deserto dove è presente più che mai il diavolo, satana, il tentatore, la cui missione è dividere e separare, soprattutto da Dio.

Gesù entra nella prova, perché il deserto è terra di prova, di tentazione, questa esperienza lo è stata per Israele uscito dalle acque del mar Rosso; lo è stato per Mosè e per Elia, lo è stato per quanti sono andati nel deserto per preparare una strada al Signore.

Gesù dunque sta camminando sulle tracce lasciate dagli inviati di Dio, e in tal modo sa che deve prepararsi a quella che sarà la prova, la lotta, fino alla morte. Gesù dimora quaranta giorni tentato da satana. Marco non ci dice nulla di preciso su queste tentazioni, che gli altri evangelisti raccontano come lotta contro le tre libidini dell’eros, della ricchezza, del potere. Marco invece pone l’accento sul fatto che Gesù è costantemente tentato per quaranta giorni.

Pienamente sottomesso al Padre, creatura tra le creature non umane del deserto.

Gesù è in profonda comunione con tutta la creazione. Inoltre vediamo in Lui il vero Adamo come Dio l’ha voluto, capace di vivere riconciliato e in pace con tutte le creature.

Ma questa armonia e questa pace sono a caro prezzo; è il prezzo dello svuotamento, dell’abbassamento di colui che svuotò sé stesso divenendo uomo, spogliandosi delle sue prerogative divine. In questa profonda umiliazione, Gesù fa pace fra cielo e terra, sicché gli angeli, nel deserto gli si accostano e lo servono.

Gesù amato dal Padre è ormai vincitore su Satana, sul male, sulla malattia, sulla morte. È il Messia che porta la vita, basta dunque seguirlo. Ecco pertanto sempre viva l’attualità del Vangelo: “convertitevi e credete nel Vangelo”.

Quaresima 2018

  • Ogni lunedì durante la quaresima Lectio Divina ore 21 nella cappellina feriale
  • 14 Febbraio mercoledì delle ceneri: imposizione delle ceneri ad ogni messa. Inizia la quaresima è giorno di digiuno
  • Tutti i giovedì di quaresima (tranne 1 marzo), alle 21, nel salone di via Fogliensi, Corso Biblico di Don Doglio dal titolo: La Pasqua secondo Giovanni
  • Ogni venerdì di quaresima dopo la Messa delle 17:30 Via Crucis. Si ricorda che in tutti i venerdì di quaresima vige l’astinenza dalle carni.